Ti contatto per proporti uno spazio […] sul nostro blog dedicato a [tematica che seguo da anni]. Avevamo in mente ad una serie di interventi su [sottoinsieme della tematica] ed abbiamo pensato di offrire a te la possibilità di aiutarci in questo compito.
Si tratterà in ogni caso di uno spazio embedded in cui si farà esplicito riferimento a [miosito] (con link back e presentazione iniziale per ogni articolo) e poichè [lorosito] arriva ad una media di [cifrone] PageViews/mese potrà dunque essere un’utile occasione per aumentare la visibilità del tuo interessante progetto.
Lascio al lettore il compito di modificare i campi tra parentesi quadra inserendo i suoi dati.
Sì, sono sicuramente un caso limite nelle mie esperienze sfortunate ma al tempo stesso è innegabile che ci siano tanti dati che nascono, hanno ragione di essere o quantomeno si “arricchiscono” online. L’affidabilità di strumenti e servizi (Web 2.0 o meno) è importante perché non è facile o semplice farne un “backup, backup, backup!”.
L’ho realizzata online (con Google Docs) e la condivido online.
Ecco perciò la presentazione fatta al Workcamp 2009 di Parma su tre (significativi?) disservizi del Web 2.0 di cui ho avuto esperienza personale:
p.s. Ho archiviato materiale vario su Delicious con il tag “web2.0disastri”.
Ovvero: la non pertinenza dei risultati su Internet.
È archiviata su Wikio con le parole chiave "Sara Colaone" (http://www.wikio.it/news/Sara%20Colaone) la mia cronaca su nezmar.com in cui dico che io, a Lucca 2008 la brava Sara, non sono riuscito ad incontrarla.
Rileggendo alcuni miei articoli pubblicati mi accorgo di incappare più di quanto vorrei in una tipologia di errori che non rientra in quelli affrontati dalla mia lunga formazione scolastica. Sono errori direttamente collegati all’introduzione del computer come strumento esclusivo per l’elaborazione dei testi. Alcuni derivano dall’uso ed abuso del taglia-e-incolla ma in generale il problema è che lo spostare o ricombinare parole e parti del testo può lasciare disseminate brutte sorprese per autore e lettore.
L’introduzione dell’editing elettronico di testi ha aperto nuove strade non solo alla facilità di elaborazione e rileaborazione dei pensieri ma anche alla produzione di nuove mostruosità tragicomiche che non sono meri errori di battitura nè tantomeno quelli più gravi (ma rettificabili all’origine) di ignoranza di ortografia, grammatica e sintassi.
Uno strafalcione come
Si tratta dei “miti” raccolti e confermate o smentite su una pagina di multicians.
che compare su un Hacker Journal recente, verso la fine di un mio pezzo su Multics, è un esempio lampante del fatto che c’è stata una modifica del sostantivo ma è mancato un adeguamento dei termini seguenti. La concordanza al femminile mi fa pensare che molto probabilmente in origine avevo usato “leggende”, poi rettificato in “miti”. In altre situazioni mi sono trovato a eliminare ripetizioni di un termine a colpi di trova (e sostituisci manuale) con il risultato di errori simili: qualcosa prima o dopo stonava perché scritto con e per del testo che non c’era più.
Perché succede?
È facile dare la colpa al mezzo. I motivi per cui questi “nuovi errori” rimangono nel testo sono i soliti: disattenzione e fretta dell’autore sono i principali, spesso causati dalla corsa alla quantità più che alla qualità. Ha la sua brava parte di responsabilità però anche il fatto che in gran parte degli amblti professionali latitino i filtri editoriali (o proofredaer che siano) che intercettino gli strafalcioni prima della pubblicazione.
Quali le soluzioni?
Ad essere realisti sono poche, se non una presa di coscienza di chi scrive (tanto) e rielabora (tanto) di controllare (lui) e far ricontrollare (ad altri) il testo, sottoponendolo ad un partner, amico o parente, nella speranza che l’improvvisato correttore di bozze colga “le concordanza sbagliato”.